Desideriamo riproporre un evento di soccorso poco noto che rappresenta, però, una tappa tanto importante quanto significativa, anche da un punto di vista simbolico, nel percorso che, solo 30 anni più tardi, portò ad istituire ufficialmente nel 1954 il Soccorso Alpino a Cortina, località di provenienza dei due giovani più avanti ricordati, assieme ad altre sette Stazioni (Agordo, Auronzo, Belluno, Feltre, Padola, poi Val Comelico, Pieve di Cadore e Sappada) che rappresentarono l’originaria ossatura organizzativa del Soccorso Alpino 2^ Zona – Delegazione Bellunese (ora Dolomiti Bellunesi).
In questo contesto storico, merita dunque menzionare un evento significativo che si lega ad un intervento di soccorso molto particolare per l’epoca, anche se non di certo il primo in base alla documentazione di quel periodo. Un avvenimento tragico che ebbe una eco particolare che ebbe un seguito rilevante con il conferimento di una pubblica onorificenza agli attori di quel gesto solidale.
Ma prima, facciamo un passo indietro, ad inizio del secolo sorso per essere più precisi. Siamo, infatti, nel 1902, in un’epoca ed in un contesto storico ben preciso (ricordiamo che Cortina è sotto la dominazione Austro-Ungarica), quando vennero ideate ed istituite una serie di “primordiali” presidi di soccorso. Potremo definirli come una sorta di Stazioni di Soccorso Alpino ante litteram che interpretavano le necessità del territorio in modo avveniristico considerata la successiva evoluzione della materia che si ebbe nei decenni successivi.
Al riguardo – è bene precisarlo da subito – non ci interessa “avere” o anche solo “il far supporre di avere” la primogenitura di siffatte iniziative sul territorio, ma certificare come, nell’ambito montano locale, andarono sviluppandosi forme di solidarietà autentica propria delle genti montagna. Solidarietà come mutuo soccorso tra alpinisti e residenti quali cacciatori, boscaioli, allevatori, ma anche come soccorso autentico a favore dell’utenza turistica che andava presenziando e consolidandosi nelle realtà dolomitiche sin da fine del XVIII Secolo.
Sta di fatto che il dott. Angelo Majoni, stimatissimo medico ed eclettico uomo di cultura di Cortina, come risulta dal Protocollo dell’adunanza generale del Alpenverein1 del 20 dicembre dello stesso anno, pose senza tema di smentita una pietra miliare nell’ambito del soccorso organizzato. In qualità di relatore si fece, infatti, fautore dell’iniziativa di istituire, come in altre realtà stava avvenendo, una vera e propria rete di presidii per garantire il soccorso in montagna. Lo stesso Majoni, come emerge dal verbale di quella seduta, “spiega lo scopo e l’organizzazione delle stazioni di salvataggio come venne ideato dalla Centrale e” di come “poi si decise di formarne una anche in Ampezzo. Quale preside viene nominato il Sig. Majoni e si destina quale stazione centrale l’Hotel Croce Bianca, altre stazioni d’annunzio (Meldestellen) sono: per Tre Croci il signor Menardi Giuseppe, per Valbona il signor Troll Luigi, per Pocol e Nuvolau, Lacedelli Giuseppe Zecca, per Falzarego Colli Giuseppe, per Ospitale Bernardi Agnel, poi ancora: Acquabona, St. Uberto, Cimabanche e Stua.”
Come si è potuto constatare, erano tutti presidi posti in luoghi strategici, all’imbocco di valli e direttrici importanti per l’alpinismo e l’escursionismo e/o direttamente nel contesto montano.
Questo breve excursus storico, per il quale ci ha aiutato lo storico locale e giornalista di lungo corso, Mario Ferruccio Belli, inquadra con precisione le dinamiche che concorsero poi a determinare sulla spinta del Club Alpino Italiano negli Anni ‘20 e ‘30 la nascita di altri presidi similari nelle Dolomiti e, quindi, nel 1954 sulla spinta del dott. Scipio Stenico che già lo aveva costituito in Trentino, a istituire il moderno Corpo Soccorso Alpino (CSA), come allor venne definito all’atto della nascita il 12 dicembre 1954 a Clusone, Bergamo (fa sorridere, ma la costituzione del CSA era un punto posto tra le varie ed eventuali di un ordine del giorno di un’Assemblea nazionale del CAI).
Ma torniamo a noi, Il 15 settembre 1924 sulla Cima Piccola di Lavaredo si verifica un grave incidente alpinistico, vittime della disgrazia due alpinisti di lingua tedesca. Per fortuna l’intervento di alcune persone generose riesce a limitare gli esiti infausti. L’operazione di soccorso è tanto complessa e pericolosa che, segnalata alle autorità romane dell’epoca, viene premiata con l’assegnazione della Medaglia d’Argento al Valore Civile a due soccorritori di Cortina. Il primo riconoscimento all’alpinismo ampezzano a cui faranno seguito altre importanti attribuzioni.
Ricostruiamo però il fatto dalla lettura della relazione inviata alla Prefettura di Belluno attraverso gli “Archivi della Magnifica Comunità d’Ampezzo”, da quali sono tratti i documenti grazie allo straordinario e prezioso contributo fornito dallo stesso Mario Ferruccio Belli, documenti ed atti che offrono un’esatta testimonianza di quanto accaduto.
Il 17 ottobre 1924, con n. di protocollo 3320, il Sindaco della “Magnifica Comunità d’Ampezzo”, de Zanna, trasmette al Prefetto di Belluno, dott. Roberto Tarassi, una proposta per il conferimento di un’onorificenza ai “due coraggiosi giovani”, interpreti della missione di soccorso.
Ecco il testo: “Proposta per il conferimento di medaglia al valore civile al signor Apollonio Luigi Longo di Raffaele da Cortina (Alverà), aspirante guida e al signor Ghedina Giuseppe di Giacinto da Cortina (Verocai) alpinista dilettante e sciatore partecipante alle gare olimpioniche, per la seguente motivazione.
Il giorno 15 settembre 1924 avuto avviso dal postino di Sesto che in montagna venivano dati segnali di allarme, e precisamente dalla Cima Piccola di Lavaredo, mentre si trovavano per riposare nel rifugio delle Tre Cime si portarono immediatamente sul luogo.
Si trattava di due escursionisti, certi Amort da Kufstein e certa Leiter di Brunico. Avevano fatto senza guide la salita della Cima Piccola di Lavaredo dal sud ed erano già giunti appiedi dell’ultimo difficilissimo camino Zsigmondy2. L’Amort ne tentò la scalata e, forse per le cattive condizioni della roccia fredda e bagnata, precipitò; e avrebbe tratto seco sicuramente nella morte la sua compagna se questa non avesse avuto la prontezza di spirito di torcere la corda attorno ad un sasso. La qual circostanza fermò l’Amort sull’orlo del precipizio; purtroppo però senza salvarlo dalla morte avvenuta dopo.
L’Apollonio e il Ghedina, con ammirabile ardimento, sprovvisti di ogni necessario, perfino delle scarpe da gatto, indispensabili per salite in montagna, sotto un vento impetuoso ed una neve freddissima, con roccia bagnata, e ignorando completamente la via per effettuare la difficilissima salita, iniziarono l’opera di salvataggio.
Gli stessi, secondo le affermazioni dello stimato signor Zardini Raffaele fotografo in Cortina d’Ampezzo, accorso e presente alla salita, non curanti di nulla si sono portati sempre innanzi senza preoccupazioni del grave pericolo che incorrevano.
Unitamente ad un alpinista di Sesto, del quale non si è potuto conoscere il nome, fu prima tentato il salvataggio dell’Amort che versava in pessime condizioni; egli fu calato con ogni precauzione e senza procurargli urti di sorta fino a quando è spirato.
L’Amort dunque è morto fra le braccia dei giovani prima che fosse terminata la discesa della montagna e il cadavere fu opportunamente spostato per non disperare la signorina che ancora attendeva soccorso e che ignorava la triste fine del compagno.
Fatto ciò ogni cura fu rivolta per il salvataggio della Leiter che, dopo tanti sforzi e pericoli, sotto difficilissime condizioni atmosferiche, fu tratta in salvo.
Di somma importanza è anche che i giovani ignoravano il modo come si effettuasse la calata degli infortunati in montagna; e che, sia l’Amort che la signorina salvata, furono sollevati sempre a braccia e calati lentamente.
Si noti che i due giovani per salvaguardare la signorina dal freddo intensissimo si spogliarono delle loro giacche e cercarono di coprirla nel miglior modo possibile.
Altra cosa da tener presente è che i due giovani erano ancora digiuni, in quanto ché appena conosciuta la notizia (ore 12 circa), partirono senza pranzare.
Dopo il salvataggio della signorina, lasciando il cadavere sulla roccia dove fu potuto riprendere alla mattina seguente dalla spedizione di salvataggio di Cortina, unitamente ai giovani di cui sopra, e consegnato ai piedi della montagna alle guide di Sesto che giungevano in quel momento, l’Apollonio e il Ghedina, la signorina Leiter unitamente al signor Zardini e signora che assistirono a tutta l’opera di salvataggio, rientrarono al rifugio alle ore 20 circa esausti di forze.
La proposta di conferimento di una riconoscenza al valore civile è reclamata da tutta l’opinione pubblica”.
Il testo sopra richiamato ha desiderato ricordare, facendo rivivere un avvenimento occorso quasi cento anni fa, l’assoluto rilievo del soccorso prestato dai due giovani e dagli altri soccorritori, ciò testimoniato forse più dall’eccezionale spirito di solidarietà che dalla tecnica, allora ancora modesta e poco affinata. È ora palese come l’indubbio coraggio di Luigi Apollonio e Giuseppe Ghedina, ragazzi poco più che ventenni, congiuntamente a quello dell’alpinista di Sesto del quale non fu possibile accertare il nome, qualche anno dopo portò a riconoscere ufficialmente quell’azione in occasione di una cerimonia per certi versi memorabile.
Come ricorda, infine, Mario Ferruccio Belli, “la felice conclusione delle vicenda sarebbe arrivata dopo due anni, quando ormai l’oblio stava per cancellare dalla memoria la stupenda pagina di altruismo montanaro”. (…) La leggiamo nel grazioso invito spedito alle autorità e persone importanti dal Commissario regio di Cortina, Amedeo Girardi (succeduto al dimissionario de Zanna): ‘Domenica alle ore 10 antimeridiane, nella sala municipale, avrà luogo la consegna della Medaglia d’Argento al Valore Civile concessa da S.M. il Re (n.d.r.: Vittorio Emanuele III) ad Apollonio Piero e Ghedina Giuseppe, per un eroico salvataggio compiuto nel settembre 1924.”
Crediamo che recuperare queste memorie sepolte e, in parte, sopite dalla odierna frenesia di trovare nel web sempre tutto e tutti, in pochi secondi, attraverso un qualche motore di ricerca, non possa che portare a conoscere in modo più profondo le nostre terre, il nostro territorio che le nostre genti hanno saputo rendere molto spesso comunità coesa… almeno nelle attività di soccorso e di vicendevole aiuto nelle situazioni più drammatiche e tragiche della vita.
Fabio Bristot – Rufus
1 Club Alpino Altoatesino: è il Club alpino di lingua tedesca e ladina dell’Alto Adige, associazione con sede a Bolzano fondata nel 1945, anche se, in realtà, l’associazione ha una sua precedente origine dal Deutscher und Österreichischer Alpenverein nel 1869 a Bolzano. Dopo la fine della prima guerra mondiale e all’annessione del Tirolo meridionale all’Italia nel 1919, l’AVS fu dapprima espropriata dei suoi rifugi e poi vietata sotto il fascismo nel 1923. Solo il 31 dicembre 1945, dopo la fine della seconda guerra mondiale, gli Alleati permisero la rifondazione dell’associazione che fu attiva dal 14 giugno 1946 (tratto da Wikipedia).
2 Tratto chiave della via alpinistica aperta da Michael e Johann Innerkofler il 25 luglio 1881 che sale alla Piccola di Lavaredo, con difficoltà di IV° su passaggi particolarmente esposti.