DON SEBASTIANO COSTA, UOMO E SOCCORRITORE, MORTO DURANTE UN’OPERAZIONE DI SOCCORSO IN DOLOMITI
LA STORIA
Franco Fiorani, Daniele Lorenzoni, Sauro e Massimo Pennacchi, Daniele Lorenzoni e Dervi Silvani erano dei ragazzini di Forlì, in età compresa tra i 15 ed i 16 anni, ospiti della colonia alpina “Delta Padano che si trovavano in Auronzo di Cadore per dei corsi di perfezionamento scolastico.
I ragazzi nel primissimo pomeriggio del 4 marzo 1973 decisero di effettuare una gita in montagna nella zona sovrastante il luogo dove si trovava la colonia. Partirono dunque da soli senza nessun accompagnatore adulto verso il Col Giralba, la meta prescelta per l’escursione. In relativo poco tempo venne raggiunta la cima dal gruppetto dei ragazzi che, nella discesa, nella volontà di abbreviare il percorso in ragione del buio incipiente che li aveva inaspettatamente sorpresi,decisero di percorrere un altro itinerario rispetto a quello utilizzato nella fasi della salita. Il nuovo percorso individuato era in realtà una traccia esigua, del tutto erronea, un canalone che, ad un primo tratto con facili roccette, veniva poi bloccato, qualche centinaio di metri più in basso, da una parete di roccia verticale alta all’incirca una quindicina di metri e, di seguito, da altri salti scoscesi.
Era ormai buio e non pratici della montagna, bloccati dal primo salto di roccia, iniziarono a chiedere aiuto. Nel contempo, il personale di direzione della colonia, accortisi in occasione della cena della mancanza dei 5, dava immediatamente l’allarme ai Carabinieri di Auronzo. Questi interessarono subito il Soccorso Alpino nella figura del Capo Stazione, don Sebastiano Costa.
Don Sebastiano, dopo aver avvertito alcuni componenti della squadra di Auronzo, prelevato il necessario materiale di soccorso dalla sede, si portò con rapidità alla colonia “Delta Padano” che dista dal centro della cittadina di Auronzo poco più che tre chilometri, dove raccolse le prime informazioni dal m.llo dei Carabinieri e da altri militari, un carabiniere e tre artiglieri che si trovavano in zona per degli addestramenti.
Questa prima squadra congiuntamente ai Volontari della Stazione, sopraggiunti nel frattempo con altro materiale alpinistico, decise di percorrere il percorso seguito inizialmente dai ragazzetti nel tentativo di individuarne velocemente la presenza e ricondurli alla colonia.
Fortunatamente, dopo quasi un’ora di marcia, fu possibile cogliere nella notte le loro grida di aiuto ed intuire dove potessero trovarsi con una certa velocità.
Ad un certo momento, mentre le squadre stavano salendo il canale, le voci si interruppero però improvvisamente, forse per il gioco degli echi formati dai numerosi canali e canalini rocciosi che scendevano a valle. Fu così che i soccorritori decisero di dividersi in due squadre distinte: la prima formata dallo stesso don Sebastiano, dal carabiniere Biasuzzi e dall’artigliere Barbazza, la seconda formata da tutti gli altri volontari del Soccorso Alpino.
Dopo circa un’ora, su un percorso di media difficoltà alpinistica, che in ogni caso comportava l’assicurazione con corda del carabiniere e dell’artigliere, poco avvezzi all’ambiente notturno, don Sebastiano riuscì ad individuare l’esatta posizione in cui si trovavano i ragazzi. Una volta raggiunti, annunciò alla squadra che stava salendo un canale pressoché parallelo e che si trovava poco più in basso, che i giovani escursionisti si trovavano in buone condizioni, anche se notevolmente affaticati e disorientati. Una volta verificato con attenzione se erano in grado di proseguire, comunicò che non riteneva necessario altro aiuto e che per questa ragione la squadra poteva rientrare alla base della parete.
I ragazzi, molto agitati, furono in un primo momento tranquillizzati da don Sebastiano che, proprio per dimostrare la facilità della manovra, iniziò a far scendere il carabiniere lungo il salto verticale con una calata che aveva allestito. Mentre proseguiva la breve calata assicurata “a spalla”, “il carabiniere – riporta la dettagliata relazione dell’epoca – si sentì ad un certo momento ‘libero’ ed avverti un qualche cosa che scivolava lungo la roccia, ritenendola inizialmente un masso”. La relazione continua poi ricordando i fatti seguiti.
“L’improvviso venir meno della sicura in fase di calata fece fare al carabiniere un salto nel vuoto che gli procurò ferite leggere. Anche l’artigliere che si trovava con i ragazzi qualche metro più sopra, nell’oscurità più completa, sentì il rumore. Quindi, incominciò a chiamare i due e non sentendo né intravedendo più chi stava effettuando la sicura, intuì l’accaduto. Gridando a squarciagola richiamò i soccorritori della squadra che stava rientrando, la quale con estrema velocità si arrampicò sino alla cengetta dove si trovava il carabiniere ferito. Poco più in basso, leggermente spostato rispetto alla verticale di salita, don Sebastiano, caduto rovinosamente, ma ancora in vita nonostante la gravità delle ferite riportate “.
Con la tensione che andava assumendo connotati sempre più drammatici, i Volontari del Soccorso Alpino di Auronzo iniziarono la delicata operazione di recupero del loro Capo Stazione che, come riferirà la diagnosi medica, aveva riportato traumi alle braccia e al capo e la rottura di numerose vertebre. Una lotta impari contro il tempo e la notte che consigliò di avvisare anche la Stazione CNSAS di Cortina, poiché i ragazzi in preda ormai al panico più completo si trovavano ancora in alto, senza indumenti pesanti e viveri.
Dopo circa due ore ed un quarto, i Volontari di Auronzo riuscirono a portare alla base della parete don Sebastiano: era ancora vivo, avvolto in alcuni maglioni ormai intrisi di sangue gelato. Un medico, prontamente allertato e salito sino al luogo dell’evento, riuscì a somministrargli alcuni farmaci antidolorifici e a prestargli le prime cure, prima di essere successivamente trasportato all’Ospedale di Auronzo.
Ore 03.20, le operazioni di soccorso non erano però ancora finite: il carabiniere ferito che aveva sino allora resistito al freddo, dando precedenza al recupero di don Sebastiano, doveva essere recuperato, così come i ragazzi.
La squadra di Auronzo che aveva appena terminato il recupero di don Sebastiano e quella di Cortina partirono di nuovo alla volta del tragico canale, recuperando prima il carabiniere e poi, finalmente tutti i ragazzini che, pur oltremodo provati e infreddoliti, vennero portati in salvo.
Alle ore 06.00, terminata l’operazione e raccolto il materiale, i volontari del Soccorso Alpino, tutti assieme, accompagnarono i ragazzi appena recuperati alla colonia appagati per averli tratti in salvo, ma fortemente preoccupati per la sorte del Capo Stazione precipitato proprio nel tentativo di soccorrerli.
Dopo pochi istanti, come il fragore di un tuono che squarcia il cielo silenzioso, arrivò la notizia che don Sebastiano era deceduto durante il trasporto all’ospedale, i gravissimi traumi riportati avevano avuto la meglio sulla fibra e sull’anima di un uomo morto per offrire aiuto e solidarietà.
Si cercò di ricostruire l’esatta dinamica dell’incidente, ma la circostanza ed il motivo che fecero cadere nel vuoto don Sebastiano non furono appurati con estrema precisione. Le relazioni dell’epoca fecero tre ipotesi: la prima quella che il carabiniere in un punto della calata meno verticale abbia sottratto il peso alla corda facendogli perdere l’equilibrio, la seconda che un malore possa averlo colpito mentre stava assicurando il carabiniere, infine che possa essere scivolato in un momento di distrazione e con uno stato di visibilità praticamente nulla. Proprio quel giorno don Sebastiano aveva fatto una importante donazione di sangue e, forse, anche questo elemento andrebbe tenuto nella debita considerazione nell’elencare le ipotesi sulle dinamiche intervenute.
Lo sgomento destato dalla scomparsa di una figura così carismatica fu enorme ma, volendo continuare l’opera da lui intrapresa, il gruppo non si scoraggiò ed elesse subito il nuovo Capo Stazione nella persona di Claudio Monti. Questi diede ulteriore impulso e stabilità alla Stazione, restando in carica per ben 17 anni.