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Fabio Bristot Rufus

QUANDO NON C’ERA L’ELICOTTERO… ANZI SI… STORIE POCO NOTE. VISIONI SUL FUTURO DI CHI SAPEVA LEGGERE IL PRESENTE

5 Gennaio 2018
in Montagna, Senza Categoria
Tempo di lettura: 6 minuti
0
Home Montagna
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Oggi giorno, spesso per un approccio mentale superficiale, quindi errato, diamo per scontati molti dei servizi così detti “salvavita”, anzi il più delle volte quegli stessi servizi vengono considerati pressoché scontati, talvolta associati a prestazioni banali, senza che vi sia in realtà una conoscenza di come siano stati istituiti e di come, via via nel tempo, si siano evoluti e perfezionati. E’ il caso del servizio di elisoccorso rispetto al quale desideriamo proporre questa breve cronistoria.

Va allora ricordato, come dato di indubbio valore storico, che già nel 1964 le Stazioni del Soccorso Alpino di Belluno e Feltre, anche se a causa di particolari condizioni favorevoli che ne permisero l’utilizzo, effettuarono con il concorso di un elicottero Aluette I il recupero di un alpinista, infortunatasi gravemente a causa della perdita di un appiglio lungo una via sulla Gusela del Vescovà nel Gruppo della Schiara e, pochi giorni più tardi, il recupero di un altro alpinista, precipitato durante l’apertura di un nuova via diretta sulla parete nord del Sass de Mura nel Feltrino.

Ma vediamo da subito quali favorevoli circostanze ci hanno permesso di ricordare questi eventi e di cogliere alcune prospettive su un futuro appena anticipato dalla realtà, ma che trovarono, in modo del tutto paradossale, solo vent’anni dopo concreta realizzazione.

L’incidente sopra richiamato ed occorso a Gabriele Franceschini, esperto alpinista e nota Guida feltrina, avvenne domenica 13 settembre 1964, alle ore 10.10 circa. La presenza nei pressi del Rifugio 7° Alpini di alcuni Volontari del Soccorso Alpino mise immediatamente in moto una prima squadra di soccorso che raggiunse il ferito alle ore 13.30 ca. con una rapida salita del versante sud della Schiara, mentre una seconda, una volta pervenuto l’allarme a Belluno, saliva nelle prime ore del pomeriggio la Val Vescovà con altro materiale alpinistico ed attrezzatura sanitaria in supporto alla prima squadra. I Volontari che per primi giunsero alla base della Gusela nel frattempo, dopo aver stabilizzato l’alpinista ferito ed imbarellato, stavano scendendo dalla Gusela del Vescovà lungo i canali che digradano verso il Rifugio Bianchet e proprio nei pressi di un salto strapiombante, attrezzato per la calata, non certo con poco stupore, commisto ad una certa iniziale diffidenza, scorsero la sagoma di un elicottero sbucato improvvisamente dalla foschia che avvolgeva il Van della Schiara ed annunciato, solo pochi istanti prima, da un ritmico flap flap al quale non si sapeva collegare l’origine. Elicotteri non ve ne erano molti a quell’epoca, anzi molto pochi e solo in dotazione all’aviazione leggera degli Stati Uniti presenti nelle basi NATO. Come fu possibile tutto ciò?

Lo spirito d’iniziativa e la formidabile intuizione dell’allora Delegato del Soccorso Alpino Dott. Mario Brovelli, informato nel frattempo della gravità dei traumi riportati e delle circostanze complesse in cui si stava svolgendo l’attività di soccorso (oltre 1.000 metri di dislivello attendevano le squadre per il trasporto a spalla della barella sino al Pian dei Gat e, quindi, altri 800 sino alla strada che unisce Belluno ad Agordo), permise di prendere immediati contatti con l’Aeroporto di Belluno, permettendo di spostare con estrema rapidità un elicottero da Cortina d’Ampezzo a Belluno. All’aeroporto venne imbarcato Piero Rossi che, sceso rapidamente dal 7° Alpini dove in qualità di Vice Presidente della Sezione del Club Alpino Italiano locale si trovava per inaugurare il Bivacco Gianangelo Sperti, ebbe il compito di condurre l’equipaggio verso la zona di intervento.

L’indiscussa bravura di Blaes Guy, pilota dell’Alouette I, e il coordinamento di tutti i Volontari impegnati nell’operazione di soccorso, permise di imbarcare in un hovering ante litteram l’infortunato alle ore 16.00 in punto. Lo stesso venne sbarcato all’Aeroporto di Belluno e successivamente trasportato in ambulanza al Codivilla Putti di Cortina d’Ampezzo.

Come anticipato, l’intervento fu un episodio a sé stante, legato alle circostanze davvero fortuite di aver potuto disporre di un elicottero Alouette I della Società Hèli – Union di Parigi a disposizione di una troupe televisiva francese che stava girando, proprio in quei giorni, nelle Dolomiti, il famoso film Von Ryan’s Espress con Frank Sinatra, Raffaella Carrà, Sergio Fantoni, Adolfo Celi e Trevor Howord. Avvenimenti che, anche ora, il lettore darà magari per scontati, ma si pensi alla semplice assenza del cellullare e quanto solo il correlato aspetto delle comunicazioni in quegli anni, come ora invero, potesse comunque determinare il discrimine tra la vita e la morte di una persona.

Questa prima esperienza segnò, dunque, in modo inequivocabile il percorso da intraprendere e sviluppare, come dimostrarono altre situazioni analoghe nelle Alpi che proprio nello stesso periodo andavano prendendo forma.

A testimonianza di questa necessità le parole illuminate ed illuminanti di Piero Rossi che, nel resoconto dell’intervento, ebbe modo di affermare: “senza l’intervento dell’elicottero sarebbero state inevitabili almeno altre 10 ore di trasporto faticoso su impervi sentieri, che avrebbero messo a durissima prova il ferito ed i soccorritori. Ciò dimostra la assoluta necessità di mettere a disposizione della nostra provincia – affidandolo all’Ente più opportuno – un elicottero del tipo e delle prestazioni di quello in questo caso impiegato”.

Visione – quella di Piero Rossi – assolutamente penetrante, propria di chi legge ed interpreta quello che era già il presente, cioè il soccorso appena concluso con esito positivo, ma che i più non seppero interpretare a breve.

A distanza di pochi giorni, infatti, grazie all’eco che l’intervento con l’elicottero aveva destato nell’ambiente alpinistico bellunese e all’immediato scambio di conoscenze intervenute tra le Stazioni del Soccorso Alpino, un altro intervento fu compiuto dallo stesso equipaggio dell’Alouette I che si trovava ancora in provincia per le riprese. Anche in questo caso le Squadre del Soccorso Alpino della Stazione di Feltre sono concordi nell’attribuire al pilota una tecnica operativa davvero formidabile, ma veniamo ancora una volta ai fatti.

Tito Pierobon, forte alpinista feltrino, durante il primo tentativo di scalata della parete nord del Sass de Mura, a seguito di un chiodo improvvisamente fuoruscito, era voltato per 7/8 metri arrestandosi fortunosamente su una esile cengia, ma procurandosi un grave trauma costale con pneumotorace ed altre traumi di minore entità.

Anche in questa occasione, non appena allertate per l’intervento, le squadre della Stazione del Soccorso Alpino di Feltre immediatamente iniziarono a portarsi sul luogo dell’evento, pianificando un’operazione di soccorso che, per la lontananza e l’ostilità dei luoghi, si sarebbe rilevata tecnicamente complessa e dispendiosa in termini di tempo assoluto.

Mentre i soccorritori di Feltre, tra i quali l’attuale Capo Stazione di Feltre Giulio De Bortoli, il Dott. Mario Carniel allora studente universitario di medicina, Pompeo De Paoli, Franco Zanette e Marco Carazzai compagno di ascensione di Tita Pierobon, riposavano stremati al Pian del Re dopo aver già percorso oltre 4 ore di marcia, portandosi a turno l’infortunato sulle spalle, apparve improvvisamente e del tutto inaspettato l’Alouette I, che provvide in pochi minuti al recupero e al trasporto dell’infortunato all’Ospedale Civile di Feltre. Storie che sembrano appartenere ad un’iconografia lontana, ma che sono ancora ricordi vigili in molti Volontari del Soccorso Alpino di Belluno e Feltre.

Molti anni dovettero trascorrere prima di riuscire ad istituzionalizzare un servizio organizzato e stabile. Molti anni trascorsi peraltro invano, nonostante le richiamate parole di Piero Rossi, antesignano nell’intravedere le formidabili potenzialità dell’elicottero e soprattutto lungimirante nell’aver ritenuto che lo stesso dovesse diventare un elemento imprescindibile nell’attività del Soccorso Alpino Bellunese, anticipandone per l’appunto l’estrema necessità di possederne uno in uso per la provincia di Belluno già a metà anni ’60.

                                                                             Fabio Bristot – Rufus

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