Delle caratteristiche più importanti di una persona che gestisce un rifugio ho sempre apprezzato la capacità di accogliere congiunta a quella di proteggere, la capacità della narrazione legata ai luoghi e alla storia degli uomini che hanno interagito con quelli luoghi, alpinisti o escursionisti che fossero senza alcuna differenza. Ho sempre apprezzato anche la sobrietà misurata delle parole e delle azioni, il sapere offrire e trasferire emozioni che possono scaturire dall’ambiente circostante, ma anche la pari determinazione nello spiegare le insidie della montagna senza sconti, pericoli che, in realtà, molto più spesso siamo noi stessi a generare. Di un gestore ho anche sempre apprezzato l’onestà intellettuale ed il senso del limite, il poco o limitatissimo bisogno di essere al centro dell’attenzione (è la montagna in quanto tale – mi ha suggerito qualcuno – ad esserlo non io che gestisco una struttura), la coerenza che diventa gesto quotidiano, l’esempio e non il sermone gridato… ecco questo è il gestore che vorrei trovare dopo una semplice passeggiata, una salita tra le rocce, un respiro nel bosco e una goccia di sudore che riga la fronte.
NB: il mio gestore ha i piedi puliti, ama le donne con i fatti e non mostra il culo per rabbia o diletto!
Fabio Bristot – Rufus
Bravo Fabio, da tempo aspettavo che con parole misurate ma decise qualcuno lo dicesse. Non abbiamo bisogno, tanto meno in montagna, di evocatori di “esperienze” banalizzanti. Salire sulla Marmolada come andare a prendere il caffè a Venezia..
Sopra a tutto, è fastidiosa questa ipertrofia dellEgo, che sovente va a scapito della cura del Sè.