Il giorno 30 agosto 2011 alle ore 17:38 perveniva alla Centrale Operativa del Suem 118 di Pieve di Cadore (Belluno) una richiesta di intervento per portare soccorso a due alpinisti di nazionalità tedesca che si erano feriti lungo la via Simon-Rossi al Monte Pelmo a causa di una scarica di sassi ed erano impossibilitati a proseguire verso la vetta anche in ragione della parziale rottura della loro corda (la telefonata veniva effettuata da una dipendente del Rifugio “Staulanza” nei pressi del quale si trovava la moglie di uno dei due alpinisti coinvolti nell’incidente di seguito descritto).
Dopo il necessario filtro della chiamata effettuato dagli Operatori del 118 congiuntamente al Tecnico di centrale del Soccorso Alpino, si decideva per l’invio dell’elicottero in configurazione S.a.r. sul luogo dell’evento e, contestualmente, si allertava la Stazione del Soccorso Alpino della Val Fiorentina competente per territorio in relazione alla via Simon-Rossi e la Stazione Soccorso Alpino di S. Vito di Cadore competente per territorio per quanto attiene la via normale di salita alla cima del Pelmo che può essere utilizzata per raggiungere l’uscita della via Simon-Rossi o per la discesa dalla stessa (nda: cosa che avrebbero fatto i due alpinisti qualora usciti indenni dalla via d’arrampicata).
L’elicottero decollava, dunque, dalla base di elisoccorso di Pieve di Cadore alle 17:50 e dopo aver inutilmente provato più volte ad avvicinarsi alla parete, sia per effettuare la necessaria ricognizione sia per effettuare, qualora tecnicamente possibile, il conseguente recupero, a causa delle persistenti condizioni meteo negative (nda: foschia e nebbia presente su tutta la parte nord) faceva rientro alla base di elisoccorso alle 18:32. Nel frattempo la Stazione Soccorso Alpino di S. Vito di Cadore proprio per il tentativo dell’elicottero vanificato dal mal tempo, nel periodo immediatamente successivo provvedeva ad organizzare una prima squadra (Maurizio Galeazzi Capo Stazione e Tecnico di Soccorso Alpino, Alberto Bonafede Tecnico di Soccorso Alpino e Guida alpina, Aldo Giustina Operatore di Soccorso Alpino, Walter Zambon Operatore di Soccorso Alpino, Bruno De Vido Operatore di Soccorso Alpino e Edy Pompanin Operatore di Soccorso Alpino) per salire sul Pelmo lungo la via normale e portarsi nei pressi dell’uscita della via per tentare il recupero dei feriti.
Vale la pena ricordare che le condizioni clinico-sanitarie dei due a causa della difficoltà interpretative determinate dalla lingua e, soprattutto, a causa del campo telefonico molto debole e piuttosto disturbato, non erano assolutamente certe, oltre al fatto che un’eventuale notte trascorsa in parete aperta a circa tremila metri di quota, in condizioni piuttosto proibitive (nda: non avevano a seguito materiale d’alta quota e/o da bivacco), non avrebbe sicuramente giovato al quadro complessivo.
Successivamente, su indicazioni e specifiche richieste pervenute dal personale della Stazione Soccorso Alpino della Val Fiorentina che era cautelativamente rimasto nei pressi del Rifugio Città di Fiume (nda: Rifugio posto a 1.917 metri di quota alla base della parete nord), il Suem 118 provvedeva nuovamente all’invio dell’elicottero che, una volta esperiti altri tentativi faceva definitivo rientro alla base a causa delle invariate condizioni meteorologiche, senza riuscire a portare in quota personale del Soccorso Alpino ed il materiale necessario per l’operazione.
A questo punto la Stazione Soccorso Alpino di S. Vito di Cadore con la certezza che il recupero dei due feriti non sarebbe stato possibile se non l’indomani e sempre se le condizioni meteorologiche lo avessero permesso, decideva di richiedere in appoggio una seconda squadra (Nicola Cherubin Vice Capo Stazione e Tecnico di Soccorso Alpino, Gianni Olivier, Vittorio Tonet e Diego Zandanel, tutti Operatori di Soccorso Alpino), che avrebbe avuto anche il compito di portare a seguito ulteriore materiale tecnico e la barella per garantire l’evacuazione ed il trasporto del ferito più grave a valle. Le due squadre partite dal Rifugio Venezia (1.947 m) si ricomponevano lungo la via di salita che presenta un dislivello di circa. 1.200 m.
Nello stesso tempo, il Delegato del Soccorso Alpino (nda: lo scrivente) richiedeva, nella supposizione che le operazioni potessero prolungarsi per svariate ore, l’invio al Rifugio Città di Fiume del Centro mobile di coordinamento del Soccorso Alpino, quale supporto logistico e radio. Oltre a ciò, richiedeva che venisse portato sul posto anche il faro della Stazione della Val Pettorina al fine di illuminare la parete nei limiti concessi dalla foschia e dalla nebbia ancora a tratti presente sulla parete.
Le squadre Soccorso Alpino della Stazione di S. Vito di Cadore una volta riunitesi, a causa di un violentissimo temporale commisto a tempesta, erano state costrette ad aspettare poco sotto la cima del Pelmo circa due ore e quarantacinque minuti, al riparo, sotto un parziale ricovero formato da una sorta di anfratto roccioso. Quindi, terminato il temporale decidevano di proseguire per la vetta, da dove, una volta decisa la verticale di calata verso i due feriti, iniziare le operazioni di recupero.
Una volta terminato l’allestimento degli ancoraggi di calata e delle relative sicurezze (nda: si sottolinea come siano stati utilizzati per l’evenienza addirittura cinque spit, condizione che alla fine ha evitato che la tragedia consumata assumesse proporzioni maggiori in termini di vittime, poiché se l’ancoraggio fosse stata divelto dallo strappo provocato sulle corde dal crollo, altre sette persone sarebbero potute essere interessate con conseguenze drammatiche) veniva deciso che si sarebbero calati in direzione dei due feriti Alberto Bonafede ed Aldo Giustina, mentre il restante personale avrebbe provveduto ad effettuare tutte le manovre richieste da una siffatta operazione.
Alle ore 04:35 circa iniziava con estrema cautela la calata verso i feriti che si trovavano circa 115 m sotto la cima (nda: quello posto più in alto, ovvero il primo di cordata, a 80 m dalla cima).
Alle ore 05:07 (nda: testimonianza del personale Soccorso Alpino addetto al Centro di coordinamento mobile) veniva avvertito un rumore di rara intensità che veniva immediatamente associato alla possibilità che fosse crollata una porzione importante della cima, cioè che una frana di dimensioni enormi potesse essere caduta a valle coinvolgendo gli operatori del Soccorso Alpino, in quel momento in fase di calata, ed anche gli alpinisti feriti.
Venivano, quindi, più volte effettuati, sia dalle squadre impegnate nelle operazioni della calata sia da quelle a terra, alcuni tentativi di chiamata via radio e, successivamente, via telefono, entrambi senza alcun esito.
A questo punto, dal Centro mobile di coordinamento veniva fatta una prima segnalazione al Suem 118 di quanto si potesse essere successo ai volontari Soccorso Alpino appesi alle corde di calata, allertando da subito quattro Stazioni Soccorso Alpino e, tramite la Centrale Operativa del Suem 118, anche i Carabinieri.
Contestualmente veniva immediatamente allertato anche il Delegato Soccorso Alpino che si portava immediatamente sul posto congiuntamente al suo Vice, Gianni Mezzomo (nda: con arrivo nel luogo dell’evento alle ore 06:10).
Nel periodo intercorso tra le ore 05:07, orario del distacco della frana, e le ore 06:10, appurato sin dai minuti conseguenti che le squadre Soccorso Alpino addette alla manovre non erano state coinvolte (nda: si ricordi al proposito quanto sopra detto circa l’allestimento degli ancoraggi) si cercava di comprendere se vi potessero essere residue, improbabili possibilità che i due volontari del Soccorso Alpino potessero essere ancora in vita e se i due alpinisti feriti fossero stati in qualche modo coinvolti nel crollo.
In relazione a quest’ultimo aspetto, alle ore 05:45 dalla base della parete si erano intraviste delle luci delle pile frontali appartenenti ai due. Dopo una serie di veloci verifiche incrociate, si appurava che Alberto Bonafede e Aldo Giustina erano precipitati con assoluta certezza in quanto le corde di calata recuperate dai compagni Soccorso Alpino erano state tranciate a causa del violentissimo urto/trascinamento con la massa rocciosa precipitata (una delle due corde, nonostante fosse una statica, a causa della violenza dell’urto era addirittura ritornata nei pressi dell’ancoraggio di calata).
A seguire si organizzavano le squadre del Soccorso Alpino, sia per la ricerca dei due componenti del Soccorso Alpino, ormai certamente periti a causa della spaventosa frana che li aveva coinvolti (nda: il volo stimato è stato di circa 735 – 750 metri di altezza che, associati alle dimensioni della frana stimata in circa 2.500 mc, faceva supporre con assoluta certezza che non vi fosse più alcuna speranza di trovarli in vita), sia per il recupero dei due alpinisti, le cui condizioni potevano essersi nel medio periodo aggravate.
Sul posto pervenivano settantanove operatori Soccorso Alpino suddivisi in squadre diverse (nda: alcune dislocate nei pressi del Rifugio Venezia ed altre nei pressi del Rifugio Città di Fiume, base logistica ed operativa). A seguire personale Sagf della GdF, personale dei Carabinieri e dei VVF, questi ultimi con funzioni logistiche.
Con il concorso di un elicottero privato chiamato appositamente dal Soccorso Alpino per tipologia del mezzo e capacità del pilota, congiuntamente all’elicottero del Suem 118 di Pieve di Cadore veniva effettuato il recupero dei due alpinisti successivamente ospedalizzati a mezzo ambulanza ed eliambulanza (nda: i due, sentiti in dettaglio dal Delegato, riferivano che nel corso di tutta l’ascensione avevano registrato con continuità la caduta di sabbia e ghiaino di granulometria particolarmente piccola ed anche alcune scariche di ghiaia). A seguire, un geologo della Provincia di Belluno chiamata all’uopo sul posto, con il supporto dell’elicottero privato prima richiamato, effettuava una serie di foto della parete e della zona del crollo.
Nello stesso tempo veniva deciso di elitrasportare squadre del Soccorso Alpino nei pressi della base della parete, realizzando anche un campo base avanzato, comunque a distanza di sicurezza dalla stessa, poiché solo nella giornata del 31 agosto 2011 si registravano trentanove scariche di assestamento di roccia e ghiaia.
Le squadre Soccorso Alpino provvedevano alla mappatura del terreno e all’analisi dello stesso, cercando di realizzare una sorta di mappa della zona. Venivano, altresì, effettuati alcuni tentativi di ingresso nel fronte della frana, vanificati dal precoce rientro dei soggetti Soccorso Alpino a causa dei crolli ripetuti.
Per tutta la giornata, vista l’assoluta pericolosità di attivare una ricerca sistematica delle salme, si decideva di effettuare dei monitoraggi e proseguire nelle operazioni sopra descritte.
Oltre a ciò, il Delegato richiedeva ai vari Sindaci interessati per competenza specifiche ordinanze di chiusura di tutta l’area soggiacente al gruppo del Pelmo, vista la notevole frequenza turistica. Inoltre, con decisione collegiale delle Stazioni Soccorso Alpino e degli Enti dello Stato presenti sul posto, si assumeva la decisione di effettuare un servizio attivo in tutta l’area considerata volto a garantire la sicurezza dei turisti presenti in zona, a predisporre eventuale personale pronto ad intervenire per la ricerca delle salme e per garantire una sorta di veglia ai due scomparsi.
Il giorno 1° settembre 2011, secondo giorno di ricerca, venivano via via effettuati diversi tentativi di entrare nel corpo della frana, nel corso dei quali venivano recuperati alcuni dispositivi di protezione individuale utilizzati dai due scomparsi.
Il numero eccezionale di scariche e successivi crolli non permetteva in ogni caso alcuna ricerca di dettaglio ed anzi impedivano di fatto al personale Soccorso Alpino di effettuare alcuna operazione degna di nota (nda: trentadue scariche e crolli diversi).
Proseguivano intanto le guardie attive sia lungo gli snodi dei sentieri sia nel campo base avanzato.
Il giorno 2 settembre 2011, con il concorso di un elicottero della G.d.F. venivano effettuate delle ricognizioni della parete e venivano elitrasportare squadre Soccorso Alpino, S.a.g.f. e C.C. nei pressi del campo avanzato. Anche in questo caso si decideva che, qualora le condizioni lo avessero permesso con ragionevoli (?) margini di sicurezza, si sarebbe provveduto al recupero delle salme dei due volontari Soccorso Alpino.
Con azioni ripetute per tutta la giornata, le varie squadre succedutesi in zona delle operazioni recuperavano alla fine ed ancora in presenza di qualche sporadica scarica i corpi straziati dei due volontari Soccorso Alpino della Stazione di S. Vito di Cadore.
Alle ore 16.40, a seguito di un briefing voluto dal Delegato e dal Vice delegato al quale partecipava personale dei Carabinieri e personale della Guardia di finanza e dopo l’espletamento di parte delle questioni burocratiche, alcune delle quali piuttosto rilevanti ed assolutamente delicate, le ricerche venivano dichiarate ufficialmente concluse e comunicato alle famiglie l’esito delle stesse.
Alberto Bonafede “Magico” e Aldo Giustina “Olpe” verranno insigniti della Medaglia d’Oro al Valor Civile nel 2012 nel corso di una cerimonia che si è voluta celebrare in San Vito di Cadore alla presenza delle massime autorità e, soprattutto, di tantissimi volontari del Soccorso Alpino e di cittadini fieramente ed orgogliosamente commossi.
Fabio Bristot – Rufus