All’indomani dell’ennesima tragedia consumata tra un coacervo di lamiere e sangue, grida e rabbia subentra una sorta di aggressione mediatica ai fili, ai piloni, ai cavi, alla teleferica di turno … talvolta ai loro proprietari o gestori.
Sembra quasi che l’indomani tutto, repentinamente, debba cambiare allo stentoreo proclama “mai più stragi nei nostri cieli”, “la sicurezza degli equipaggi prima di tutto”, “nuove norme più severe”, “mai più killer nascosti”, “lo Stato si muove”.
Insigni giuristi scalpitano per normare e legiferare al riguardo, congiuntamente a schiere di legislatori penali che vergano di tutto punto il nuovo, aspro sistema sanzionatorio per quanti non ottemperano alle disposizioni; squadre di imbianchini si muovono di buon’ora pronti a colorare il terzo superiore di piloni e tralicci di colore rosso-bianco con altrettante squadre di funamboli pronti a posizionare palloncini rossi e bianchi ovunque; … in genere una pletora di esperti dell’ultima ora che dopo pochi giorni ritornano ad assopirsi nella consueta mediocrità.
Poi il silenzio ammanta tutto e tutti. Le enunciazioni di principio categoriche scolorano nel tempo condizionale. Le dichiarazioni massimaliste si attenuano sino a scomparire. L’oblio diventa l’orizzonte della quotidianità.
Dietro a questo mesto panorama restano le carcasse di elicotteri e i sospiri mai sopiti dei famigliari e degli amici, qualche pezzo di cavo ormai sepolto tra la ghiaia o le foglie di un bosco, ad eterno ricordo di una tragedia consumata troppo in fretta per poterla ricordare anche solo come ammonimento.
D’altro canto, se così non fosse, l’Italia avrebbe già perso da tempo il solitario primato del paese con il più alto numero di infortuni e morti sul lavoro dell’Europa Occidentale. Ogni anno si registrano nel nostro strano Paese oltre mille morti, morti così dette bianche, dove l’uso di questo aggettivo sembra quasi alludere all’assenza di un vero e proprio mandante o di una vera e propria causa. Niente di più menzognero ed ipocrita, poiché la base statistica che analizza le cause degli incidenti rappresenta esattamente il contrario.
Ma la vera causa – non nascondiamoci ancora a lungo dietro alla classica foglietta di fico – è riconducibile all’assenza di normative rigorose quanto seriamente applicabili (nda: sto quindi riferendomi ad altro rispetto al recente D.Lgs n. 81/08 ed ai successivi Decreti correttivi …), all’inefficacia quali e quantitativa dei controlli e in molti casi del fatto che anche i più elementari parametri di sicurezza vengono ignorati per irresponsabile superficialità o per aumentare, gioco forza, i margini dei ricavi.
Entriamo senza dubbio in un campo minato che forse esula dai desiderata e dalle reali intenzioni di questa pubblicazione, ma sino a che il nostro dire non viene contraddetto nei fatti noi continueremo a parlare, come si suol dire, apertis verbis, senza timore e senza volontà di offendere chicchessia.
Da una parte pecchiamo forse di marcata presunzione, dall’altra forse di eccessivo attivismo. Non ci vergogniamo né ci nascondiamo però dietro – questa volta – ad un ago di pino, qualcosa vogliamo dire e soprattutto qualcosa desideriamo fare.
In realtà questo nostro obiettivo – il fare – dovrà rimanere una sorta di ideale normativo, una guida che ogni singolo giorno ci deve spronare a combattere perché il ricordo dei nostri quattro amici possa avere in qualche modo un significato.
In modo forse falsamente modesto il fatto che dopo oltre un anno dalla sciagura del 22 agosto 2009 ci si ritrovi ancora a scrivere dell’accaduto potrebbe essere un buon segnale per dire che qualcosa si muove, ma lasciamo ad altri il giudizio. Certo è che non ci si può limitare a far parte delle categorie in precedenza elencate.
La pensa allo stesso modo il Com.te Roano Grandi, già Presidente dell’Associazione Elicotteristica Italiana, che qualche tempo fa, asseriva con estrema convinzione e determinazione che “il problema dei cavi è una prerogativa del soccorso in montagna”. L’articolo continuava poi ricordando come tutti gli incidenti dovuti ad impatti con cavi sia essenzialmente dovuto alla scarsa visibilità che ha di per sé l’ostacolo, al fatto che lo stesso non sia il più delle volte segnalato in alcun modo e alla concentrazione dell’equipaggio nell’esecuzione della missione in prossimità del terreno.
Insomma, queste tesi e, come vedremo soprattutto quelle più avanti riportate, dimostrano inequivocabilmente che gli incidenti legati a questa fattispecie avvengono per un’unica ragione: l’invisibilità dei cavi sempre e comunque o l’invisibilità dei cavi in alcune situazioni di luce incidente e/o luce riflessa, congiuntamente al colore di fondo.
Analogamente su una rivista specializzata (Volare – Dicembre 2009), il Presidente dell’E.N.V.S. (Ente Nazionale per la Sicurezza del Volo), Bruno Franchi, proprio a seguito della tragedia di Rio Gere lanciava, inascoltato, l’allarme che “gli incidenti si ripetono senza che si faccia nulla per studiare, emanare ed applicare norme di prevenzione precise ed efficaci.” Proseguiva poi dichiarando che “vi sono Regioni e Province – in modo particolare quelle autonome – che adottano provvedimenti per la segnalazione di quegli ostacoli, ma manca una legge quadro che affronti il problema su scala nazionale”.
Non poteva che esprimersi in modo diverso considerato che il Codice di Navigazione Aerea è stato istituito con Regio Decreto nel lontano 1942, quando non mi pare esistessero ancora gli elicotteri, mentre l’ultimo atto che in qualche modo tratta il problema degli ostacoli al volo è la Circolare Stato Maggiore dell’Aeronautica del 1981.
In entrambi i casi va sottolineato come si sia inteso normare in modo assai generico il volo ad ala fissa che, per proprie evidenti caratteristiche, è cosa assai diversa dal volo degli elicotteri e, in modo ancora più importante, è cosa diametralmente opposta nel caso di elicotteri che effettuano ricognizioni a bassa quota o effettuano operazioni al gancio baricentrico e al verricello.
Nel bel paese funziona così.
Uno degli esempi più eclatanti ed indice che certifica quanto sino a qui detto è l’excursus che segue, anzi potremo definirlo una sorta di amara allegoria dopo i casi già significativi prima illustrati.
Il 18 marzo 2005, durante una missione di antincendio boschivo, un Canadair (targhe I DPCK) urta una fune di guardia in località Seravezza (LU) e precipita al suolo in località Vittoria Apuana (LU), dopo essersi incendiato. Muoiono all’istante i due piloti.
L’Italia nelle sue massime istituzioni con la generosa amplificazione dei media si percuote il capo, si indigna. La pubblica opinione fa da legittima ed utile risonanza all’ennesima tragedia evitabile, mentre i famigliari piangono i loro cari.
Ma – dicevamo – cosa fa lo Stato?
Lo Stato in modo inusitato e per certi versi sorprendente legifera a testa bassa con il principio imperante del “mai più queste tragedie”. Riesce in modo straordinariamente veloce a licenziare la nuova Legge n. 152 del 26 luglio 2005 (è in realtà la riconversione in legge di un decreto recante disposizioni urgenti in materia di protezione civile) che recita testualmente “per garantire la sicurezza dell’attività di volo della flotta antincendio dello Stato, nonché per assicurare elevati livelli di prestazioni nella lotta attiva agli incendi boschivi, devono essere collocati idonei elementi di segnalazione, sia a terra che aerei, su impianti, costruzioni, piantagioni ed opere che possano costituire pericolo per il volo ed intralcio all’esecuzione dall’alto delle attività di spegnimento degli incendi boschivi, ovvero, ove possibile, procedere all’interramento delle predette opere. (omissis)”
Dico da subito: “Ma come? E che ca(z)spita?”
Sacrosanto il diritto di garantire la sicurezza dell’attività di volo della flotta antincendio dello Stato, ma tutte le restanti flotte (Carabinieri, Polizia di Stato, ecc. ma soprattutto quelle del S.U.E.M. 118 poiché maggiori sia per numero di elicotteri sia per la frequenza di volo degli stessi e tipologia d’impiego) sono figlie di un dio minore o mandate al massacro perché mis-conosciute, quindi ignorate? Evidentemente si.
E aggiungo ironicamente: “E’ stato fatto qualcosa nei tempi che la stessa legge imponeva?” Evidentemente no.
Sono passati 5 anni e sepolti altri corpi (anche quelli dei nostri amici) senza che nulla sia stato fatto. Ad oggi la Presidenza del Consiglio dei Ministri non ha ufficialmente licenziato alcuna linea guida e non è stato adottato alcun altro provvedimento in materia.
W l’ITAGLIA, si proprio, W L’ITAGLIA quella che non si assume mai la piena e matura responsabilità di quanto accade perché è colpa di qualcun altro.
Da allora comunque più nulla se non, come detto, enunciazioni e proclami, nella consapevolezza che il tempo attenua posizioni di aperta critica ed il lutto ormai elaborato di tante madri e tanti padri, di altrettante compagne e figli, fa sopire le coscienze e gli stati d’animo più accesi. La solita tecnica anestetica buona per questa ed altre occasioni.
Ebbene noi vogliamo provarci lo stesso, forse sapendo di combattere una battaglia titanica il cui fine, per quanto nobile, risulterà alla fine improbo per le modeste forze che riusciremo a mettere in campo. Abbiamo, però il dovere morale, il pungolo incessante del ricordo di quattro amici violati nella loro voglia di vivere che ci impongono di dire almeno qualcosa, anche se l’obiettivo finale – come detto – è quello di fare qualcosa.
La complessità del problema è indiscutibilmente rilevante, molte sono le competenze in materia, troppe forse per non generare conflitti di attribuzione o, per l’appunto, sovrapposizioni che alla fine non pervengono ad una sintesi superiore, ma solo ad un inutile babele di incontri e riunioni estenuanti che forse producono codicilli frammentati in note e noticine da farmacista.
Siamo determinati a riprovarci e far ripresentare anche nella prossima Legislatura un Disegno di Legge che venga alla fine votato dal Parlamento senza la consueta sequela di “se” e “ma” o “ci sono altre priorità”. Dove muore per inerzia, colpevole inerzia dello Stato, anche solo un uomo, là si deve intervenire senza indugio.
Partiremo dalla proposta di legge presentata dall’On. Roger De Menech, in verità l’unico che, sino ad ora a livello nazionale, abbia manifestato sensibilità al tema posto, che qui sotto alleghiamo.
Avanti sempre.
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
- Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti è istituita, presso il medesimo Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, una Commissione con il compito di definire i princìpi e le azioni di carattere preventivo in materia di sicurezza del volo aereo, effettuato sia con ala rotante sia con ala fissa, relativamente ai servizi di elisoccorso del Servizio sanitario nazionale e ai servizi da esso dipendenti o correlati, ai servizi di elisoccorso svolti dalle amministrazioni dello Stato e alla sicurezza del volo aereo degli aeromobili delle medesime amministrazioni, oltre che degli esercenti privati nello svolgimento delle attività di lavoro aereo.
- La Commissione di cui al comma 1, presieduta da un rappresentante del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, è composta da un rappresentante dell’Ente nazionale per l’aviazione civile (ENAC) da due rappresentanti del Ministero della difesa, da due rappresentanti del Ministero dell’interno, da un rappresentante del Ministero dell’economia e delle finanze, da un rappresentante del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, da un rappresentante del Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico (CNSAS) delClub
alpino italiano (CAI) e da un rappresentante della Conferenza delle regioni e delle province autonome. - Il decreto di cui al comma 1 disciplina le attività e il funzionamento della Commissione. Dall’attuazione dei commi 1 e 2 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica
- La Commissione definisce i princìpi e le azioni di carattere preventivo di cui al comma attraverso la predisposizione di linee guida operative relative al complessivo riordino della disciplina degli ostacoli al volo orizzontali e verticali, inclusa l’individuazione di tutti i soggetti tenuti all’adempimento degli obblighi e delle prescrizioni ivi contenuti. Le linee guida operative sono adottate dalla Commissione entro il termine massimo di un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge e sono approvate con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.
- Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 4 il Governo apporta le eventuali modifiche al codice della navigazione.
- I soggetti tenuti all’adempimento degli obblighi e dalle prescrizioni contenuti nelle linee guida operative di cui al comma 4 provvedono a darvi attuazione relativamente agli impianti, alle costruzioni, ai tralicci e alle opere realizzate prima della data di entrata in vigore del decreto di cui al medesimo comma 4.
Art. 2.
- L’Istituto geografico militare predispone le carte digitali degli ostacoli della navigazione aerea, integrate ai sensi delle linee guida operative di cui al comma 4 dell’articolo 1, istruendo a tale scopo un’idonea banca dati cartacea e digitale, i cui dati sono accessibili agli enti e alle organizzazioni interessati senza alcun onere per queste ultime. A tale fine è autorizzata in favore dell’Istituto geografico militare la spesa di euro 500.000 per ciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016.
- Alla copertura dell’onere di cui al comma 1 del presente articolo si provvede attraverso la riduzione delle risorse del Fondo per interventi strutturali di politica economica di cui all’articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282,
convertito, con modificazioni, dallalegge 27 dicembre 2004, n. 307.
- Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, da emanare d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 1 dell’articolo 1, sono stabiliti gli indirizzi relativi all’installazione di opere e di manufatti che costituiscono ostacoli verticali od orizzontali al volo nonché alla raccolta in apposite banche dati e alla diffusione mediante libero accesso dei dati concernenti i suddetti ostacoli.
Fabio Bristot – Rufus