L’idea nasce a Mestre, nel 2005, di ritorno da un incontro in Regione Veneto tenutosi con CAI e AGAI, quando ebbi modo di dire all’allora Presidente delle Guide “come mai, al posto di privilegiare percorsi di bassa e bassissima quota sullo stile franco-svizzero, poco impattanti e dall’appeal turistico/professionale certo, oltre alla messa in sicurezza di tutti gli itinerari esistenti con identiche metodiche e parametri manutentivi, si continuasse, in alcuni casi, a preferire antistorici ed impattanti nuovi itinerari”.
La risposa venne data attraverso un’ulteriore domanda “fammi un esempio?”, alla quale replicai – lo ricordo come fosse ora – “perché non fate una ferrata nella gola del Vaiont che leghi la comunità di Longarone-Castellavazzo con quella di Erto e Casso, una sorta di filo d’acciaio che unisca ancor più la parte alta e quella bassa?”
Poi, l’aver visto l’anno dopo, sul coronamento della diga, una targa di cui ignoravo l’esistenza e che mio nonno aveva voluto porre in memoria di suo figlio Romano (operaio SADE mai più trovato) … beh… corroborò con un’emozione straordinaria per intensità provata quell’idea… poi trasferita alla locale Stazione CNSAS e alla Sez. ne del CAI.
Perché, dunque, una Ferrata della Memoria??
Unire memorie lontane… Unire comunità diverse ma accomunate da un’unica data e sentire… Unire l’alto e il basso proprio “attraverso” l’elemento fisico identificabile dallo spazio che sta tra il coronamento della diga e il fondo del vajo…,
Far ricordare insomma con un percorso – la Ferrata della Memoria – che coniuga l’aspetto storico e storiografico … a quello socio-culturale, e che genera aspetti emozionali unici proprio grazie alla visione del “cuore di quel budello tragico”, a quelle generazioni distratte che verranno cosa è stato, è e sarà il 9 ottobre 1963.
Questo era il significato autentico e più genuino che ha fatto scaturire – come dicevo – l’idea nel 2005 e fatto muovere questi nostri primi passi concreti nel 2013… Gli altri passi, oltre all’idealità e alla tensione del ricordo sono stati quelli resi possibili dalla finalizzazione del progetto Interreg IV “SAFERALPS ID n. 6782” per il quale rinnovo il ringraziamento a DolomitiCert e alla Coop Dolomiti Vertical Service e alle Guide Alpine. Tutto ciiò con buona pace del ciabattino (senza offessa per questa professione) che ha avuto l’ardire di giudicare senza conoscere le storie di sofferenza e dolore nascoste dietro questa idea e realizzazione e che, soprattutto, ha volgarmente sentenziato su un numero de Le Dolomiti Bellunesi di qualche tempo fa.
Fabio Bristot – Rufus